di Giuseppe Belleri
2021, pagg. 100, versione pdf € 18,00 - versione cartacea € 25,00 - © FRG Editore, Roma
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In medicina si studiano tantissime cose, più o meno tutte relative a come funziona il nostro organismo e a come intervenire quando qualcosa non va. L’interesse è centrato sugli aspetti biologici della malattia, sulla misurazione dei parametri biologici, sulla diagnosi e sulla terapia, come se il nostro corpo fosse un’entità autonoma, autosufficiente e isolata dal resto del mondo. L’obiettivo è la guarigione e ogni altro esito è considerato un fallimento.
Questo approccio, basato sulla specializzazione e sull’uso di tecnologie sempre più evolute, ha conseguito brillanti risultati, ma non sempre rappresenta il modo migliore per curare le persone. Oggi, infatti, un terzo della popolazione è affetta da patologie croniche il cui trattamento richiede un diverso orientamento concettuale e una diversa impostazione organizzativa che si richiamano alla prospettiva sistemica e al funzionamento delle reti.
Per il paziente cronico l’obiettivo principale non è la guarigione clinica, ma il controllo dei fattori di rischio, la gestione dei sintomi, la compensazione dei deficit funzionali e il mantenimento delle relazioni sociali. La cura del paziente cronico riguarda i vari aspetti della vita e coinvolge nel medesimo tempo fattori di carattere scientifico, sociale, organizzativo, gestionale, biologico, psicologico, emozionale. Si tratta di problemi interdipendenti che vanno affrontati in un’ottica sistemica, di cooperazione, di integrazione e di mutuo soccorso tra i professionisti della salute (in primo luogo il proprio medico di fiducia), la famiglia, i servizi sociali e la comunità di riferimento. In molti casi si tratta di soggetti anziani, affetti da più patologie che mal si adattano a protocolli e linee guida predefiniti, che desiderano essere assistiti nel loro contesto abituale di vita, che aspirano ad una vita dignitosa e autonoma facendo leva sulle loro residue capacità di adattamento.
Purtroppo, però, l’università non insegna ai medici come prendersi cura dei pazienti cronici e la maggior parte degli amministratori si avvale di modelli organizzativi e gestionali obsoleti e del tutto inadatti ad affrontare i nuovi bisogni di salute. Le politiche sanitarie della Regione Lombardia, come ben descritto da Giuseppe Belleri, sono un esempio istruttivo di questo atteggiamento miope e degli effetti deleteri che esso può produrre sui pazienti e sull’intero sistema delle cure. È una questione che riguarda la cultura, il pensiero e il metodo di lavoro prima ancora che i contenuti.
Giuseppe Belleri con questo bel libro ci offre una approfondita analisi degli elementi culturali, dei presupposti concettuali, degli schemi interpretativi e dei principi metodologici che sottendono alle nuove istanze di salute e ai diversi modi in cui i servizi sanitari si propongono di gestirle. La sua lunga esperienza di medico di medicina generale, associata ad una vasta conoscenza del pensiero sistemico ci aiuta a riflettere sul modo migliore per affrontare la cronicità sia dal punto di vista organizzativo che clinico, offrendoci importanti spunti operativi e pratici.
Questo testo dovrebbe essere letto da tutti i medici ma, soprattutto, dovrebbe costituire il vademecum per tutti coloro che hanno la responsabilità di decidere e l’opportunità di guidare il cambiamento verso un futuro migliore. Essi devono rendersi conto che i servizi che riguardano la salute non possono essere affrontati come una questione da regolare con qualche provvedimento normativo calato dall’alto e affidandone la gestione al miglior offerente sulla base dell’efficienza organizzativa e della convenienza economica. È ormai chiaro, infatti, che in ambito sanitario (e non solo in questo campo) i migliori risultati si ottengono promuovendo la cooperazione, non incentivando l’antagonismo e la competizione in nome dell’efficienza.
Le persone affette da patologie croniche o che semplicemente invecchiano non hanno bisogno solo di cure mediche, ma devono essere messe nelle condizioni di poter vivere il più a lungo possibile nel proprio contesto familiare, tra i propri affetti, le proprie abitudini di vita, le cose che amano e comunque tra tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Ogni altra via è inesorabilmente destinata al fallimento.
A questo riguardo il libro di Giuseppe Belleri costituisce un punto di riferimento essenziale per tutti coloro che sono interessati a comprendere il complesso mondo della cronicità e che si propongono di migliorarlo tenendo conto che gli interventi devono avere un carattere multidimensionale, essere centrati sulla loro effettiva capacità di conservare l’autonomia della persona, di salvaguardare la rete delle relazioni con l’ambiente fisico e sociale e, non ultimo, di preservare la qualità della vita.
Antonio Bonaldi
(Presidente di Slow Medicine)